HOMINIBUS

Movimento di opinione per l’affermazione della democrazia fiscale

                 

                                

Roma, PRIMO MAGGIO 2007                                                    Spett.

 

Fax N.0639736135                                                          PROCURA della REPUBBLICA

 Tribunale di Roma

  Ufficio Protocollo  

 

Oggetto:          Denuncia di omissione di atti d’ufficio, a carico della Presidenza della Repubblica.

 

Desideriamo denunciare la responsabilità dei Presidenti della Repubblica, che si sono avvicendati dal 1948, anno di entrata in vigore dell’attuale Costituzione, fino ad oggi, a cui l’art. 74 della Costituzione italiana riconosce la potestà  di valutazione critica sulla corrispondenza alle norme costituzionali delle leggi da promulgare.

 

In particolare, intendiamo rivolgere la nostra accusa contro l’attuale presidente

 

GIORGIO NAPOLITANO

 

il quale, nella sua lunghissima militanza in formazioni politiche, accreditate paladine delle fasce di popolazione tradizionalmente meno tutelate, non ha rilevato, per incapacità intellettuale o, peggio, per ipocrisia o convenienza di parte o personale, la assoluta disattesa dell’art.53 della Costituzione italiana negli orientamenti politici e nelle conseguenti leggi riguardanti le modalità di prelievo fiscale tramite imposte per la copertura finanziaria delle spese indivisibili dello Stato.

 

Allo scopo di giustificare la nostra accusa, richiamiamo il dettato costituzionale, e proviamo a indicarne la corretta attuazione:

 

1)       La Costituzione italiana indica come criterio di riferimento per la partecipazione alle spese comuni la capacità contributiva, non in misura proporzionale, ma addirittura progressiva;

2)       La capacità contributiva coincide chiaramente con la somma delle due forme di ricchezza, che sono: il reddito percepito, di varia origine, ed il patrimonio posseduto, al valore commerciale;

3)       Poiché reddito e patrimonio sono entità non omogenee, conviene correlare il reddito, che, depurato dagli oneri per il suo conseguimento, è assimilabile come ‘incremento patrimoniale’ ed accorpabile al patrimonio, dando così consistenza al concetto di capacità contributiva;

4)       Per assegnare un valore al patrimonio, mobile ed immobile, è sufficiente rivolgersi al mercato,  imponendo la corrispondenza del valore fiscale a quello corrente di domanda ed offerta;

5)       Facoltativamente, constatata l’obbiettiva difficoltà di controllo, converrebbe eliminare dalla base imponibile il reddito e, di conseguenza, anche la ricchezza finanziaria, la cui esenzione gioverebbe per il sostegno più economico delle attività produttive e dei consumi, e controllare con grande rigore i movimenti di capitali, beni e servizi con l’estero;

6)       Così l’amministrazione statale limiterebbe la sua attenzione alla ricchezza reale, ai valori di mercato, presente sul territorio, realizzerebbe grandi risparmi di gestione, eliminerebbe finalmente i fenomeni di evasione ed elusione, svolgerebbe una azione certa nel recupero dei crediti, sopprimerebbe le dichiarazioni fiscali, sostituite da semplici rilevazioni statistiche, eseguirebbe l’imposizione sul valore di borsa per le aziende quotate, e in base all’attivo patrimoniale, mobiliare ed immobiliare, per le altre, identificherebbe lo stato patrimoniale del contribuente mediante un codice in carati, grani, miliardesimi, utilizzabile per regolare il pagamento delle imposte ed anche delle tasse, in occasione di fruizione dei servizi pubblici, ed, infine, risolverebbe l’imbarazzante redistribuzione di ‘tesoretti’ o disavanzi di bilancio.

 

                        Dunque, visto che non ci vogliono grandi capacità intuitive, ma solo buona volontà per concepire un tale funzionamento dello Stato e che sono passati quasi sessanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione italiana, non ci si può difendere dalle accuse di incapacità, ipocrisia, disonestà, richiamando ancora lo spirito programmatico di tale quadro normativo, o ricorrendo al palleggio delle responsabilità con il Parlamento o il Governo o le parti sociali.

 

                        Riteniamo, pertanto, essere necessario ed urgente che sia finalmente riconosciuto il diritto-dovere oggettivo, democratico, civile, come avviene nelle forme associative di diritto privato come condomini e consorzi, per ogni cittadino di partecipare alle spese comuni indivisibili secondo la sua effettiva, reale capacità contributiva, da riportare nei termini già enunciati dallo Statuto Albertino, in cui essa coincideva con..

 

I PROPRI AVERI

 

che rappresentano in modo ineccepibile la misura dell’interesse individuale ad usufruire di tali servizi, da utilizzare per effettuare la ripartizione dell’onere complessivo, secondo il rapporto percentuale:

 

SPESA PER SERVIZI INDIVISIBILI  /  RICCHEZZA BENEFICIARIA

 

                        A fronte di questo modello, che libera lo Stato anche dal pericolo sempre incombente di sostituti d’imposta poco onesti, il sistema vigente denuncia le seguenti gravi disfunzioni:

 

1)       Le imposte agiscono con regimi separati su patrimonio e reddito;

2)       Le imposte sul patrimonio non ne accertano il valore reale, cioè quello di mercato, e non sono progressive;

3)       Le imposte sul reddito da lavoro, invece esageratamente progressive, mirano a colpire le attività di produzione e, in definitiva, il lavoratore ed il consumatore;

4)       Le imposte sul valore aggiunto, le accise, i monopoli fiscali, le lotterie, completano l’azione di spostamento indiscriminato del carico fiscale dal patrimonio alle imprese ed ai consumi.

 

                        I beneficiari di questo machiavellico marchingegno sono gli appartenenti alla classe dei cittadini benestanti, i quali godono principalmente di tre condizioni quasi sempre concorrenti:

 

·         Occupano i posti di potere della macchina statale, della economia, cultura, comunicazione, …;

·         Sono generalmente ben provvisti, nel presente o in prospettiva, sotto il profilo patrimoniale;

·         Svolgono una forte azione di resistenza, spontaneamente  o consapevolmente  concordata e coordinata, che impedisce al Paese il raggiungimento di quell’assetto sociale auspicabile e necessario ad una pacifica convivenza tra le varie classi di appartenenza, penalizza il lavoro, l’impresa e genera una corsa speculativa ed egoistica all’investimento immobiliare.

 

                        Stando così le cose, non ci rimane che sollecitare il Primo dei Cittadini Benestanti, a cui ci siamo rivolti già con petizioni senza esito, cioè il Presidente della Repubblica, il solo che può disarticolare in poco tempo questo sistema fiscale classista, utilizzando l’appello al Parlamento, potestà consentitagli dall’art. 74 della Costituzione, per richiamare ufficialmente il potere legislativo e l’attenzione della opinione pubblica sulla urgente questione della obbligatoria equità nel prelievo fiscale, ottenendo, oltre al dovuto rispetto del dettato costituzionale, tra gli altri benefici, l’efficienza ed efficacia del sistema fiscale, e la eliminazione di una grande parte di finta solidarietà riparatrice.

 

                        Si potrebbe obiettare, però, che la nostra sia una questione politica, da trattare mediante i canali dei partiti, ma, avendoci provato ripetutamente, sia a destra che a sinistra, abbiamo constatato che l’argomento è vietato perché presupporrebbe una grave revisione di comportamenti ed intese, dettati più da interessi personali che da criteri di corretta amministrazione verso tutto il Paese.

 

                        Infine, noi pretendiamo con questo atto il rispetto di un diritto oggettivo, garantito dalla Costituzione, per il cui riconoscimento non dovrebbe essere necessario il consenso popolare o l’intermediazione politica o la tutela giudiziaria su richiesta, ma solo onestà contabile.

 

                        Oggi, incredibilmente, chi paga più tasse é il povero “incapiente”, il quale, comunque, nella sua grama esistenza viene colpito dalle varie imposte indirette almeno nella misura del venti per cento sulle sue esigue e vitali disponibilità, mentre i benestanti consumano impunemente l’esercizio quotidiano della loro prepotenza, non per necessità ma per educazione alla sopraffazione !

 

                        In attesa di cortese riscontro, insieme ad una maggioranza inconsapevole di cittadini fiscalmente danneggiati o abituati a riparare nell’illegalità, porgiamo distinti saluti.

 

                                                                         HOMINIBUS   

La segreteria